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GASTROFILOSOFIA: METAFISICA DEL LAVORO DI CUCINA

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Ham & Rocket Pizza

LA LEZIONE

(alla fine c'è la possibilità di scaricare il testo)

Scrivo questa serie di considerazioni soprattutto per i giovani professionisti della ristorazione e per coloro che frequentano una scuola di cucina o un accademia di alta cucina, senza tralasciare coloro che sognerebbero di lavorare nel settore o che vorrebbero aprire un ristorante.

Tanti anni fa Jorge Luis Borges scrisse un racconto molto famoso “La Biblioteca di Babele”. In letteratura Borges è famoso per i suoi racconti fantastici, nei quali ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi quali il doppio, le realtà parallele del sogno, i libri misteriosi e magici, gli slittamenti temporali. Storie assai complicate e non mi soffermo sulla definizione di metafisica.

Nell’incipit Borges scrive: “L'universo (che altri chiama la Biblioteca) si compone d'un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, orlati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente.”

Tralasciamo che questa biblioteca per Borges sia l’universo e che sia opera certamente di un Dio. Nel suo susseguirsi di figure ripetitive tutto lascerebbe pensare a un susseguirsi  molto ordinato, simile a un labirinto, anche se pensando a Babele si pensa generalmente a un posto caotico e di perdizione. Nella Biblioteca di Borges gli scaffali contengono tutti i libri possibili. Ogni sala contiene un preciso numero di libri, tutti delle stesse pagine, tutte contenenti lo stesso numero di segni grafici con tutti le innumerevoli combinazioni possibili, in tutte le lingue possibili. In altre parole, la Biblioteca contiene qualsiasi cosa.

 

Un gran bel posto per una appassionato di libri e quindi vi chiederete qual è il problema? Il problema sono le parole che si leggono nelle pagine dei libri della biblioteca: Esse sono incomprensibili, delle semplici serie di caratteri privi di alcun significato. “La Biblioteca di Babele” è quindi un inferno, non un paradiso per bibliofili. In più in quella biblioteca esiste il libro che contiene la verità, la risposta sull’esistenza di un Dio, tutte le biografie di tutti gli uomini, il modo in cui ciascuno di noi morirà, la soluzione di tutti i problemi, tutti i libri che sono stati scritti e anche quelli che non lo sono stati ancora. Ma è introvabile.

Ora vi chiederete cosa c’entra tutto questo con una cucina professionale? Analizziamo la possibile metafora.

Una cucina professionale dovrebbe essere molto ordinata. In genere dovrebbe essere divisa in stanze o in spazi abbastanza ripetitivi anche se hanno funzioni diverse. In una cucina professionale ci sono molte attrezzature, come nella biblioteca molti libri. Molte volte esse sono strane e poco usuali per le cucine di un tempo o quelle di casa. Molte volte sono incomprensibili perché descritte nei loro libri d’istruzioni molto male. Molte volte sono usate poco rispetto alla loro potenzialità. Non sempre chi le usa le conosce bene  anche perché variano per marca e non esiste un bottone che sia mai lo stesso in tutte le apparecchiature dello stesso tipo. Molto spesso le attrezzature non vengono mantenute nel modo corretto o semplicemente invecchiano e si rompono. C’è da imparare.

In una cucina professionale ci sono sempre molti alimenti e preparati. Si cambia la carta a seconda della stagione, per le richieste e i gusti della clientela, per le mode del momento. E’ quasi certo che da qualche parte in una cucina esista una scatola o uno strumento con qualcosa che non si usa e non si userà più. Insomma un oggetto perduto, abbandonato al suo infelice destino, solitario e nascosto dietro a tanti altri.

Tutti i giorni in una cucina professionale bisogna fare la lista di ciò che manca e che si usa, di ciò che si vorrebbe usare ma che non è mai stato usato prima, bisogna verificare disponibilità e costi delle merci, bisogna controllare le merci in arrivo, la loro freschezza e salubrità. E in tutto ciò, ovviamente, c’è sempre qualche volta che come in un magnifico groviglio di lettere di un libro misterioso, ci sono le incomprensioni e i problemi che bisogna affrontare e risolvere.

Posso continuare ancora e ancora nella descrizione, parlando della mise en place, della conservazione delle preparazioni, della loro quantità, per arrivare al frenetico caos ordinato che si verifica nel momento del servizio. Perché ci sarà sicuramente una volta che accade qualcosa per cui si rischia di finire nel caos e di tralasciare l’ordine. Considerando anche il sempre possibile intoppo con la sala e a chi pensando di accelerare e migliorare il lavoro invece riesce a bloccarlo, mandando in tilt la cucina intera.

 “La Biblioteca di Babele” appare come un luogo calmo ma in realtà non lo è, esattamente come una cucina professionale. E’ una distopia cioè il contrario di un utopia. Come “La Biblioteca di Babele” non rappresenta la realizzazione dell’ideale, nessuna cucina professionale corrisponde perfettamente alla cucina ideale. La cucina ideale è la rappresentazione di una realtà futura, che non si avvererà mai, mentre la realtà presente ha la tendenza a resistere alla perfezione fino ad essere vissuta come una realtà difficoltosa e/o spiacevole e nel peggiore dei casi spaventosa.

Tutti i giorni in una cucina professionale si lavora e si organizza perché si compia qualcosa che è ideale in potenza ma che in realtà non sarà mai perfetto al 100% e per sempre. L’esistenza della potenzialità ideale finisce per divenire motivo di dolore, piuttosto che generare entusiasmo. Nella cucina-biblioteca c’è un mondo di alternative finite, ma talmente numerose da apparire quasi impossibili da terminare, esattamente come i libri contenuti nella “Biblioteca di Babele”.

Nel suo piccolo nella cucina-biblioteca c’è l’umanità intera nelle sue più attuali contraddizioni e ognuno cerca un suo spazio, come nella biblioteca c’è chi ricerca il libro che parla di se stessi, del proprio presente e del proprio futuro.

Per alcuni è meglio che qualcosa di impossibile, sia riconosciuto come tale piuttosto che possibile ma destinato a non realizzarsi mai. Ciò non corrisponde però alla cocciutaggine di chi ama il proprio lavoro in una cucina. Il momento che qualcuno si arrende e il momento che smette di amare il suo lavoro, che appare assurdo, come lo è molto spesso la metafisica. Accade? Certo che accade e aggiungo purtroppo. Alcune volte negli anni si perde la speranza, perché si accumulano esperienze negative, che magari si protraggono per tanto tempo, per motivi di mera sopravivenza.

Siamo arrivati forse al punto di questo discorso che forse vi appare oscuro.

Nel campo del lavoro ci sono varie studi socioeconomici e culturali che sono spesso vagliati per le più diverse esigenze. Attualmente, in epoca post pandemia e in molti paesi occidentali, nella ristorazione, ma non solo, si ha difficoltà ha reperire personale.

Come ho già detto alcune volte si entra in questo lavoro per motivazioni economiche più che per passione. Altre volte lo si fa molto motivati e poi ci si spegne perché le condizioni non sono quelle idealizzate. Si diventa delle semplici braccia senza testa davanti a un lavabo, un tagliere e dei fornelli. Degli impiegati senza cuore, nella parte di automi, come alcune volte, troppo spesso, ci viene richiesto di essere. Sta a noi accettarlo o meno.

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni...Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ... Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio"

Questo è un estratto di un brano di uno scrittore italiano, Italo Calvino. Nella biblioteca-cucina, luogo infernale, abbiamo queste due scelte davanti a noi. In entrambe i casi nella biblioteca-cucina non troveremo risposte, ma possiamo intravedere qualcosa che non è paradiso ma neppure inferno. Mi rendo perfettamente conto della difficoltà della cosa.

Per essere chiari in tutta questa confusa lettura metafisica, cercate un posto di lavoro dove non vi venga richiesto di fare parte dell'inferno, di essere semplici automi. Non disperdente il talento che alberga nei vostri cuori, indipendentemente dai soldi o da altri vantaggi che vi possono offrire. Tutte le volte che ho accettato in cambio di queste cose, dentro di me dicevo "proviamo" ma sapevo in fondo di stare sbagliando.

Borges verso la fine del suo racconto si pone di fronte a ciò che descrive e io, come lui. La certezza che tutto sia scritto, annienta o istupidisce, mentre è nella condizione degli uomini che ben poco sia scritto. I giovani spesso si prosternano dinanzi ai libri e ne baciano le pagine, ma non sanno decifrare una sola lettera e credono a dei disonesti scrittori di menzogne. M'inganna forse l’esperienza ma sospetto che la cucina-biblioteca perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta.

In conclusione, l’unica certezza sulla cucina-biblioteca è che la perfetta comprensione o conoscenza, la perfetta esecuzione che è teoricamente possibile, sia concretamente irraggiungibile, inattuabile. Possiamo solo continuare ad amarla o incominciare ad odiarla, possiamo affrontarla annoiati od ancora entusiasti. Possiamo far parte dell’inferno o cercare qualcosa che non lo è. E alcune volte in modo variabile tutte e insieme queste cose. Dopotutto, siamo a Babele.

 

Di seguito potete scaricare gratuitamente la pagina, salvandola o stampandola.

 

italo calvino
Borges
 pain au chocolat

IL TESTO DELLA PAGINA

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